LA CASA DEL CORREGGIO
L’Opera pel Mondo,
ha Modena il Teschio,
a noi che resta?
L’Onor, le copie, il Cenere,
la nostra Gloria è questa.
Con queste parole dagli accenti retorici e velati di profonda amarezza, nel 1835 il correggese Antonio Guzzini fissa lo stato d’animo suo e dei suoi concittadini, per la scarsa fortuna avuta in patria da Antonio Allegri detto il Correggio.
Dapprima, la dispersione delle collezioni dei Principi di Correggio, successivamente le spoliazioni da parte dei Duchi di Modena, fra Seicento e Settecento, ne avevano cancellato la presenza.
Tuttavia, ne rimaneva la memoria, pur con i limiti e le false leggende legate alla sua biografia: già la data di nascita di Antonio Allegri ha fatto discutere i critici e solo recentemente è stata quasi unanimemente fissata, pur se esclusivamente su basi documentarie indirette, al 1489 o addirittura, in anno più remoto (Monducci), per finire con il luogo di sepoltura del pittore. Infatti, le sue spoglie, inumate il 6 marzo 1534 nella quattrocentesca chiesa di San Francesco in Correggio, furono trasportati in un chiostro interno nel 1641. Da un paio di secoli, nonostante varie ricerche, se ne sono perse le tracce.
In mezzo, un susseguirsi di lunghi periodi di silenzio intervallati da poche e sporadiche notizie certe. Una situazione che suggerì persino ad uno scrittore fecondo e fantasioso come Emil Ludwig, di astenersi dal tentare la stesura di una biografia, anche romanzata, del Correggio.
Dunque, ben poco rimaneva a Correggio dell’Allegri, intorno alla prima metà dell’Ottocento. Seguendo il Guzzini, non le opere, disperse ovunque, non il teschio (trasportato a Modena nel 1786, ma in realtà appartenente ad un’anziana donna), ma solo la gloria di avere dato i natali ad un simile artista, le ceneri (peraltro già allora disperse) ed una collezione di copie accademiche dei suoi quadri (o di opere ritenute tali) da poco acquistate tra feroci polemiche per la scarsa qualità artistica delle stesse. Neanche la casa natale del Correggio rimase immune da un destino avverso.
Dalle fonti dell’epoca sappiamo che la famiglia Allegri possedeva la casa in cui sarebbe nato Antonio già prima della metà del XV secolo. Ubicata nel quartiere detto “di Borgovecchio” (il più antico della città) immediatamente a ridosso delle mura urbane, venne ampliata da Pellegrino Allegri nel 1529 mediante l’acquisto di una modesta abitazione adiacente.
Ne risultò, con tutta probabilità, un edificio porticato (secondo la consuetudine del tempo e le tradizioni locali) di poche stanze, senza cortiletto interno. Il piano terreno era adibito a bottega e servizi, mentre il primo piano abitabile. Il tutto risultava in linea con le altre case prospicienti le mura di ponente, secondo una tipologia in parte ancora conservata in alcune abitazioni della stessa via (Ghidini – Pratissoli). Nel 1550 Pomponio Allegri decise di venderla alla famiglia Paris, poi passò di cessione in cessione: prima all’Ospedale di Santa Maria della Misericordia, poi ai Sogari – Bresciani ed infine ai Pironi nel XVII secolo.
Nel 1752 il Fattore Ducale Francesco Contarelli (di antica e nobile famiglia correggese) l’acquistò, insieme ad altre cinque piccole case adiacenti, dagli ultimi proprietari. Dello stato di degrado e fatiscenza dell’edificio allegriano e degli altri immobili è chiara traccia nella dizione di quel complesso immobiliare: Ca’ Rotte Pironi.
Le precarie condizioni indussero Contarelli a procedere immediatamente alla demolizione dell’isolato ed alla riedificazione, tra il 1754 ed il 1755, dell’edificio che ancor oggi è conosciuto come “Casa del Correggio”.
Fronteggiato sul lato sud da un arioso, seppur piccolo giardino, fu ben presto adibita a ricovero per carrozze e a stalla, un uso improprio che ne decretò la rapida decadenza, minacciando anche la sopravvivenza stessa del ricordo del luogo natale di Antonio Allegri.
Nel 1811, per cercare in qualche modo di sanare la situazione, venne posta in facciata una piccola lapide (tuttora esistente), dettata dallo storiografo correggese Setti, che recita:
Hac in aede natus est Antonius Allegri anno 1494.
Tuttavia, con il passare degli anni, la situazione di degrado si acuì e numerosi correggesi fecero sentire la loro voce in merito.
Si spiega così la decisa presa di posizione che un gruppo di personalità del mondo della cultura locale, come Luigi, Ferdinando e Raffaele Asioli, manifestò al Podestà del tempo con una lettera dell’agosto 1852 in cui si stigmatizzava il comportamento di Caterina Contarelli, ultima di sua famiglia il cui disinteresse era paragonato alla “irriverenza da barbari che aveva fatta vile stalla da bestie dell’unica memoria del Sommo rimasta in patria. Un’onta che per causa della Contarelli pesa su questa Città fatta purtroppo favola del Mondo”. Purtroppo, la situazione non migliorò alla morte della Contarelli: con il passaggio del suo patrimonio alle Opere Pie, la casa, pericolante cumulo di pietre, era stata posta in vendita.
Ne seguì un aspro contenzioso, sostenuto da malevoli libelli anonimi, che ebbe termine nel 1854 quando la casa fu redenta dalle onte di fortuna a spese di ventuno cittadini, i devoti al Divino Pittore e alla Patria.
Sul finire dell’Ottocento furono intrapresi alcuni restauri, ricordati da un’iscrizione posta nel 1880 su un cippo eretto in mezzo al cortile e dettata dal patriota e letterato reggiano Prospero Viani.
Mezzo secolo più tardi, nel 1931, Riccardo Finzi storiografo e bibliotecario locale, su mandato del Podestà Cottafavi vi fa trasferire l’Asilo infantile, con lo scopo di recuperare a nuova dignità l’immobile.
Una destinazione d’uso che mantenne, sia pure con grandi difficoltà e disagi dovuti alle precarie condizioni della struttura, per oltre un trentennio, fino al 1964.
Nei decenni che seguirono ospitò altri uffici pubblici e, negli ultimi tempi, associazioni culturali, tra cui la Fondazione “Il Correggio”.
Dopo il radicale restauro del 2006-2007, vi hanno trovato definitiva sede gli uffici della Fondazione “Il Correggio” ed il Centro di Documentazione Allegriano ‘Correggio ArtHome’.