I quadri del Correggio

Prendendo spunto dalla cultura del Quattrocento e dai grandi maestri dell’epoca, quali Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Mantegna, Antonio Allegri, detto il Correggio, dal nome della sua città natale, inaugura un nuovo modo di concepire la pittura ed elabora un proprio originale percorso artistico, che lo colloca tra i grandi del Cinquecento.
Ardente ed emotivo, era mosso dal desiderio di dare espressione alla completa gamma dei sentimenti umani, dalla gioia al dolore.

In virtù della dolcezza espressiva dei suoi personaggi e per l’ampio uso prospettico, sia nei dipinti sacri che in quelli profani, egli si impone in terra padana come il portatore più moderno ed ardito degli ideali del Rinascimento. Infatti, all’esplosione del colore veneziano e al manierismo romano, contrappone uno stile fluido, luminoso, di forte coinvolgimento emotivo.
Nello sforzo di ottenere la massima espressione di leggerezza e di grazia, Correggio è un precursore della pittura illusionistica. Introduce luce e colore perché facciano da contrappeso alla forme e sviluppa così nuovi effetti di chiaro-scuro, creando l’illusione della plasticità con scorci talora duri e con audaci sovrapposizioni.
L’illuminazione e la struttura compositiva in diagonale gli permettono anche di ottenere una significativa profondità spaziale nei suoi dipinti, caratteristica quest’ultima, tipica del suo stile. Le maestose pale d’altare degli anni Venti sono di spettacolare concezione, con gesti concatenati, espressioni sorridenti, personaggi intriganti, colori suadenti. 

Nelle opere giovanili, profondamente influenzate dalla lezione di Andrea Mantegna, appare affascinato dai soggetti insoliti, dapprima di dimensioni quasi miniaturistiche poi in scale molto maggiori e più ambiziose.

Nella sua piena maturità, Correggio si rivela in grado di ideare e realizzare composizioni genialmente innovative, con posizioni delle figure, diagonali e geometrie dalla straordinaria capacità innovativa, come dalla fine degli anni Dieci e per tutti gli Anni Venti dimostrò nei suoi grandi cicli di affreschi.

Geniale capacità innovativa di cui diede prova eccelsa nelle sue ‘mitologie’. Nel Rinascimento la stragrande maggioranza di tutta la produzione artistica era di soggetto religioso, confinando in una vera rarità  i soggetti mitologici, con la felice conseguenza che ad essi i pittori si dedicavano con particolare cura ed attenzione.

Nelle sue opere oggi al Louvre, a Berlino, Vienna e Roma, Correggio alterna lo scoperto erotismo, reso con immagini molto fresche e più dolci rispetto a esempi coevi, sovente però mitigato da toni un po’ naif.

L’iconografia del Ratto di Ganimede, come in quella di Giove ed Io rappresentò per il Correggio una sfida per esibire la propria bravura. Se là si trattava di rappresentare la consistenza impalpabile di una nuvola, qui la difficoltà maggiore stava nel rappresentare convincentemente una figura in volo. Forse non c’era artista a questa data in Italia e all’estero che fosse più abile del Correggio per un compito siffatto.

Il lavoro del Correggio, pervaso di quella sua felice vena narrativa capace di rendere semplici e quotidiane le storie della mitologia classica, raggiungendo punte di freschezza e felicità narrativa mai prima d’allora toccate, si rivela tuttavia appartenere a una stagione già passata, a quel soave rinascimento padano di cui Mantova era uno dei centri più vivaci e innovativi.

Opere già a Correggio

Alcune opere di Antonio Allegri rimasero a Correggio fin verso la metà del XVII secolo nelle chiese di San Francesco e di Santa Maria della Misericordia. In San Francesco vi erano la Madonna di San Francesco (ora a Dresda) commissionata all’artista nel 1514 e il Riposo durante la fuga in Egitto con San Francesco (ora a Firenze, Galleria degli Uffizi) databile al 1520 e che è considerata dagli studiosi l’ultima pala d’altare del primo periodo della carriera del Correggio.
Entrambe le opere furono trafugate nel 1638 dal duca Francesco I d’Este: mentre la Madonna giunse nel Settecento nelle collezioni palatine di Dresda, il Riposo, sostituito con una copia del Boulanger, oggi presso il Museo di Correggio, pervenne ai Granduchi di Toscana nel 1649.

Altre due opere erano conservate nell’antica chiesa di Santa Maria della Misericordia: i Quattro Santi (1516-17), ora a New York, della quale presso il Museo correggese è conservata una copia con varianti di Giovanni Capretti; il Trittico dell’Umanità di Cristo, oggi parzialmente disperso, ma di cui si hanno notizie certe almeno fino al 1613 ed un affresco, Madonna col Bambino fra i santi Quirino e Francesco. Quest’ultimo proveniva dalla primitiva chiesa di San Quirino, dalla quale venne staccato con il muro nel 1514 e collocato in Santa Maria. Nel 1787 entrò nelle collezioni del Palazzo Ducale di Modena dove tuttora si trova.

Legata alla memoria dell’artista è anche la cosiddetta Casa del Correggio, costruita nel 1754-55 sull’area dove sorgeva l’abitazione dell’Allegri e restaurata con notevoli modifiche nel 1930-31.
Completamente perduta è invece l’imponente villa suburbana di Veronica Gambara, che la tradizione dice fosse di trecento stanze alcune della quali affrescate dal Correggio.

Opere nel Museo di Correggio

Pietà

Olio su tavola, cent. 34,2 x 29,2. (1516-17)
Correggio, Museo Civico

La tavola fu acquistata nel 2002 dalla Fondazione Il Correggio dopo essere passata in disponibilità della National Gallery di Washington e della Pierpoint Morgan Library di New York dal lascito della signora Lore Heinemann. Essa è stata storicamente ridotta di alcuni centimetri almeno su tre lati ma ha ricevuto un ottimo restauro e tutte le perizie scientifiche, dalla National Gallery di Washington nel 1999-2000.

Già pubblicata da Ekserdjian prima del recupero come “la miglior versione” fra quelle note, è stata riconosciuta come autografa da David A. Brown e da Eugenio Riccòmini, senza contrasto fra gli studiosi. Se ne conoscono almeno otto copie antiche: fra queste quella di Ludovico Carracci (Roma, Galleria Corsini) e quella a grande misura di G. C. Amidano nella chiesa del Santo Sepolcro a Parma.

Il soggetto è unico nel corpus tipologico del Correggio: il Cristo morto è posato sulle ginocchia di Maria, seduta presso il sepolcro, contro un rialzo denso di vegetazione, che è circuito a destra da un sentiero indirizzato verso l’aperto paesaggio. Il fermento chiaroscurale e il “contrapposto” del corpo nudo del Cristo, rimandano ad una forte meditazione leonardesca, mentre le figure,di grande tenerezza, raccolte nei panneggi disciolti, richiamanolo schema arcaico dei nordici Vesperbilder.

Eseguita probabilmente a Correggio, la piccola opera devozionale dovette giungere ben presto ad un’ importante personalità di Parma. Per i caratteri leonardeschi e taluni persistenti legami col Mantegna è parere del Riccòmini che l’opera sia anteriore al 1514.

Volto di Cristo

Olio su tavola, cent. 24 x 18. (1518 c.)
Correggio, Museo Civico

Figura centrale di questa tavoletta è la testa di Cristo incoronato di spine, che si volge a guardare, quasi parlando, verso un interlocutore fuori dallo spazio. La tipologia è vicina alla “Testa di Cristo” del Paul Getty Museum, così come i pigmenti. Non si conosce il committente dell’opera che è stata inizialmente attribuita al Correggio da Roberto Salvini, in una lettera del 1972. Risulta copiata splendidamente in un dipinto di Pierre Mignard (sec. XVII). Un’altra copia è presente nella raccolta dell’Accademia dei Concordi di Rovigo.

Apparsa sul mercato e riconosciuta da Eugenio Riccòmini la tavoletta fu acquistata dalla Fondazione Il Correggio nel 1996. Le vicende conservative ne compromettono la buona lettura, aiutata peraltro dal recente restauro di M. Parlatore. Pareri favorevoli all’autografia sono stati espressi da S. Béguin, Cecil Gould, M. Di Gimapaolo, A. Muzzi. E’ pubblicata in modo possibilista da D. Ekserdjian (p. 170).

Disegno bifacciale

Matita e inchiostro su carta, mm. 161 x 250

(recto) Due Apostoli con efebi intorno a una finestra circolare

Matita rossa e inchiostro bruno 

Disegno preparatorio per la parte est della cupola del Duomo di Parma, raffigurante due Apostoli con efebi intorno a una finestra circolare. Il foglio reca al verso un disegno con studi architettonici di archi poggianti su colonne doriche e colonne ioniche.

 (verso) Studi architettonici

Matita rossa.

Disegno con studi architettonici di archi poggianti su colonne doriche e colonne ioniche. Il disegno fa parte di un foglio al recto del quale si trova un disegno preparatorio per la parte est della cupola del Duomo di Parma, raffigurante due apostoli ed efebi intorno ad una finestra circolare.

La Madonna di San Francesco

Quattro Santi

Il riposo durante la fuga in Egitto

La Pietà

Ritratto di gentildonna

La Notte

Giove e Io

Ratto di Ganimede