Madonna del latte

Tipo:quadro
Data:1524 ca.
Tecnica:olio su tavola
Dimensioni:68,5 x 57 cm
Ubicazione:Budapest, Szépmuvészeti Museum
Scheda Critica:

Per via stilistica l’opera si colloca negli anni della commissione dei dipinti per la Cappella Del Bono in San Giovanni Evangelista, all’inizio del terzo decennio del Cinquecento.
Purtroppo non si sa niente riguardo alla sua committenza nè ad una sua provenienza anteriore al 1603 quando si trova registrata nell’inventario Aldobrandini a Roma.
Fu quindi uno di quei dipinti, in genere di piccolo formato, che ebbero il compito di affermare nell’Urbe la fama del Correggio.
A Roma fu probabilmente ammirata da Federico Barocci, affascinò più tardi il giovane pittore fiammingo Anthony Van Dyck nonchè il protagonista della grande stagione barocca, Pietro da Cortona.
Fu questa piccola tavola ad essere citata da padre Ottonelli nel suo Trattato della Pittura e della Scultura, uso et abuso loro come modello per spiegare quanta fama un soggetto religioso potesse ottenere a differenza di un soggetto profano. Secondo padre Ottonelli i principali cardinali romani del Seicento avrebbero fatto a gara per poter possedere la Madonna del latte.
Il dipinto deve il suo fascino all’estrema “grazia” e naturalezza con cui tratta un tema altrimenti banale, quale l’incontro fra il Bambino e un piccolo angelo che gli porge un ramo di bacche rosse. L’immagine è costruita secondo una seducente diagonale che è marcata dal braccio sinistro del Bambino. Il movimento estremamente naturale di quest’ultimo, che pare quasi scivolare sulle ginocchia della madre, ricorda la Madonna della cesta  con cui condivide un’analoga freschezza narrativa e la sottile capacit? di descrivere il rapporto affettuoso fra la giovanissima Vergine e il Bambino. Per altri versi l’opera si avvicina alla Madonna di Casalmaggiore  rappresentando forse un prodotto successivo nella riflessione su temi affini in piccolo formato.
Esiste un’incisione antica   tratta dal dipinto e un disegno   di Lelio Orsi che dimostra quanto l’artista emiliano ne fosse rimasto incantato. (M. Spagnolo)


  1. D. OttonelliTrattato della pittura e della scultura uso et abuso loro, Firenze,1652, p. 155: “E nondimeno egli [Correggio] più sollecitamente attese alle seconde [le opere sacre]; e con queste divenne eccellentissimo per fama universale appresso tutti. Ponderiamo un caso attenente ad una sua opera sacra. Nello studio dei Sign. Gottifredo Peribetti tra l’altre cose esquisite di Valent’huomini vi è il quadro della famosissima Madonna del Correggio, di grandezza di tre palmi in circa; e di cui si narra, che al tempo di Clemente VIII, venne in mano del sign. Cardinal Pietro Aldobrandini, e da lui al sign. Cardinal Hippolito suo nipote, e da questo passò alla sig. principessa di Rossano, come herede di quella casa; e questa la donò al sign. Cardinal s. Giorgio, per la morte del quale fu portato in vendita, e comprato mille, e trecento scudi dal Peribetti, a cui poco dopo fu fatta gagliarda & efficace istanza, per haverlo, con offerta grossissima di prezzo duplicato, con disegno di donarlo ad un gran Principe, ma quel  signore non se ne volle privare, dicendo liberamente, Io l’ho comprato per mio gusto, e per mia particolar soddisfatione. Risposta invero degna di persona, che come si mostrò generosa nella compra, così accrebbe la sua grandezza d’animo rifiutando quel prezzo e partito tanto avvantaggioso. Di questo quadro possiamo giudicare che sia uno de’ più eccellenti, che habbia fatto il famoso Coreggio. Ivi la Madonna sta sedendo col suo santo Bambino in braccio, come in atto di allattarlo: & egli si rivolta con bellissima gratia, stendendo una mano per prendere alcuni frutti presentatigli da un’Angeletto. E tutta l’opera, considerate le sue esquisite perfettioni, si può meritamente chiamare una maraviglia dell’arte. Imiti dunque ogni pittore questo grand’huomo, e se ha genio di formar l’immagini poco modeste….”

Anche nel decennio parmense il Correggio ritorna ad un tema carissimo, legato all’esperienza del Riposo durante la fuga in Egitto. Si tratta del nutrimento del piccolo Gesù da parte di Maria, durante una sosta del viaggio.  L’originale di questa tavola, come ha dimostrato Andrea Muzzi, era ambientato all’aperto, tra la vegetazione. L’angelo porge a Gesù Bambino una raccolta di piccoli frutti (ciliegie, perine), mentre questi già suggeva il latte dal seno della Mamma. Il tema è profondamente teologico: il seno di Maria è quello – amatissimo – della Sposa del Cantico; le ciliegie che Gesù sta scegliendo simboleggiano invece  l’accettazione del sacrificio della Croce e il sangue che sarà versato. La beatitudine della luce, la tenerezza degli incarnati, i sorrisi, la soffusione dorata dei capelli, la musicalissima fluenza dei panni, rendono gaudiosa questa scena di intimità familiare ma non nascondono il conflitto sacro che contiene. Ancora vi è da sottolineare l’indicibile capacità del Correggio di figurare ciò che è divino attraverso una toccante umanità: l’attitudine della Vergine, la stupenda infantilità dei due bambini. (G.Adani)